Il mio nome è Miriam, sono una sociologa e di seguito vi propongo il mio primo post. Questo così come i prossimi tratteranno temi e argomenti che riguarderanno storie di donne, di vita comune e curiosità , storie di culture che le rendono protagoniste indiscusse, storie di impegno e di grande coraggio.
Il 25 novembre, come ormai da anni, ricorre la memoria della "Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne", una data che ha cambiato il corso della storia e ha dato a tutti la certezza che esiste una ricchezza nella storia di ogni donna. Dalle battaglie per la rivendicazione dei diritti alle lotte contro soprusi e violenze, dal cinema alla politica, dalla scienza al cabaret, donne che hanno fatto la storia del mondo e che sono l'esempio per tutte quelle credono in se stesse e non mollano nonostante una cultura che le vuole necessariamente angeli del focolare e brave mogli e madri.
«Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza ».
Il 25 novembre, come ormai da anni, ricorre la memoria della "Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne", una data che ha cambiato il corso della storia e ha dato a tutti la certezza che esiste una ricchezza nella storia di ogni donna. Dalle battaglie per la rivendicazione dei diritti alle lotte contro soprusi e violenze, dal cinema alla politica, dalla scienza al cabaret, donne che hanno fatto la storia del mondo e che sono l'esempio per tutte quelle credono in se stesse e non mollano nonostante una cultura che le vuole necessariamente angeli del focolare e brave mogli e madri.
«Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza ».
(Dedè Mirabal)
Questa è la storia delle tre sorelle Mirabal, Patria, Minerva
e Maria Teresa, una storia di valori, di amore per se stesse e di difesa dei
loro diritti, una storia di donne nate a
Ojo de Agua, nella Repubblica Dominicana, e vissute negli anni della dittatura di
Rafael Leonidas Trujillo, anni di persecuzioni,
di negazione della libertà e di sottrazioni di ogni bene.
Ben presto insieme ai loro mariti le tre giovani donne si
attivarono nella lotta alle atrocità del regime e alla riconquista dei loro
diritti, costituirono il movimento democratico
“14 Giugno” sotto la direzione di Manolo Travares Justo (marito di
Minerva) e divennero, con nome in codice, Las Mariposas (Le Farfalle).
Quando nel gennaio 1960 la polizia segreta di Trujillo
scoprì l’esistenza del movimento e delle piccole cellule in fermento sparse per
tutto il Paese iniziò la persecuzione e la cattura di tutti gli esponenti tra
cui le sorelle Mirabal, scarcerate poco tempo dopo, e i loro mariti.
Il 25 novembre 1960 queste andando a fare visita ai mariti
caddero in un’imboscata per mano degli agenti dei servizi segreti militari, portate
in una piantagione di canna da zucchero, massacrate a bastonate e strangolate;
i loro corpi vennero poi rimessi nel veicolo sul quale viaggiavano e fatti
precipitare da un dirupo per simulare un incidente.
Tale fu l’indignazione popolare che l’assassinio delle
sorelle Mirabal provocò non solo una grandissima commozione ma potenziò la
ribellione fino all’assassinio di Trujillo nel 1961 e alla fine della
dittatura.
Sarà Adele, detta Dedé , che negli anni terrà viva la
memoria delle sue tre sorelle.
«Sopravvissi per raccontare la loro vita», queste le parole
nel marzo 1999 in occasione dell’uscita del libro di memorie “Vivas in su
jardin” dedicato alle sorelle, le cui pagine sono definite dalla stessa Dedé, «fiori
del giardino della casa museo dove rimarranno vive per sempre le mie farfalle».
Il 1999 è anche l’anno della “Giornata Internazionale contro
la Violenza sulle Donne”, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
il 17 dicembre al fine di sensibilizzare governi, organizzazioni governative,
ONG, società civile e mezzi di informazione su questo fenomeno. Il 17 dicembre 1999 sancisce dunque l’inizio
di una svolta, di un cammino, l’inizio di una memoria datata 25 novembre 1960.
Cos’è cambiato da allora? Centinaia sono state le iniziative
che ad oggi vengono organizzate, innumerevoli associazioni femminili e centri
anti-violenza richiamano alla sensibilizzazione e all’attenzione società e istituzioni,
vecchi e nuovi sistemi di comunicazione di massa mostrano un fenomeno che
purtroppo, e nonostante tutto, non accenna a diminuire ma anzi aumenta
esponenzialmente e quotidianamente un fatto di cronaca nera ci annuncia
della morte una donna.
A cosa serve tutto questo clamore se non a produrre un
effetto “cassa di risonanza”? A cosa
serve diffondere la gravità di un fenomeno se non a riprodurre in serie uomini
violenti, a mitizzare un gesto di acclamata superiorità senza fondamento
morale? A cosa serve impegnarsi a non tacere se poi, dall’altra parte, non
esiste la volontà comune di scardinare l’esistenza di una cultura del dominio,
ovviamente, infondato ma purtroppo fortemente radicata?
La violenza contro le donne è una piaga sociale che
coinvolge tutti, è un uragano che trascina senza scampo, è una distopia che uccide,
tortura e mutila le donne, le sfianca nella loro integrità fisica e
psicologica. Molte donne, anche quelle a cui pensiamo non possa succedere
nulla, quelle accanto a noi, le nostre madri o sorelle, le nostre cugine o zie,
le amiche o le colleghe, sono vittime di
un abuso, di un qualsiasi abuso e la maggior parte di esse sono parte di un sommerso
fatto di silenzi, di umiliazione, di frustrazione, di paura.
Abbiamo bisogno davvero del 25 Novembre? Abbiamo bisogno di
ricordare quotidianamente le donne uccise? Abbiamo bisogno del 25 Novembre per
coltivare la speranza di arginare (si badi bene basterebbe arginarlo!) questo
fenomeno? Abbiamo bisogno del 25 novembre affinché qualcuno prenda seri
provvedimenti? Abbiamo bisogno del 25 novembre per rompere il muro di silenzio?
Io dico di no. Il 25 novembre è la data della memoria di
donne forti, di donne coraggiose, di donne sensibili e di grandi valori, di
donne temerarie, di donne senza paura, di donne rivoluzionarie che sfidano i
soprusi, di donne ribelli alla forza, alla coercizione, di donne che dicono
basta alla violenza, di donne che riscattano la propria identità, di donne che
difendono diritti e libertà, di donne che dimostrano che nulla più potrà
togliere loro la vita. Il 25 novembre è la data, per ognuna, della presa di
coscienza, della volontà di avvalersi del principio di autodeterminazione, è la
data, per ognuna di loro, di una nuova vita.
La vita di ciascuna donna che, come una farfalla, abbandona il suo bozzolo, rinasce e spiccare
il volo.
Miriam